La guerra di hemingway
Percorso Lungo
Tappa 1 - Lampol - Orientamento
Sul Piave, i comandi italiani predisposero una difesa “elastica” basata su di un sistema di linee ordinate per una profondità di 15 km legate tra loro da posizioni fortificate definite caposaldi. Se il nemico rompeva una linea, ne trovava subito un’altra, mentre il caposaldo destinato a resistere costituiva una pericolosa spina profonda. A Fossalta, oltre al caposaldo Ronche, erano predisposto il caposaldo dell’Osteria e Capo d’Argine.
Tappa 2 - Noventa - L'attacco
Il 15 giugno 1918 I’Impero Austro-Ungarico sferra l’ultimo attacco sul fronte italiano. Su barche e ponti l’esercito passa il fiume e si attesta profondamente tra le linee italiane. L’attacco è appoggiato da un potente fuoco d’artiglieria, cui gli italiani rispondono con grande precisione. Anni di guerra avevano trasformato i combattimenti. Alla fine, gli eserciti avevano organizzato piccoli gruppi, addestrati nel combattimento corpo a corpo
Tappa 3 - America - Tenacia
Da un lato gli austro ungarici, convinti di compiere l’attacco risolutivo e dall’altra gli italiani, decisi a difendersi in una situazione di cui avevano compreso tutta la gravità. II sacrificio fu compiuto fino allo stremo da entrambe le parti. Le siepi di reticolato divennero inefficaci per un fronte che non aveva più una linea definita, ma le cui posizioni erano diffuse e compenetrate.
Tappa 4 - Villa Marini - I colleghi
Distribuzione di cioccolate e sigarette. I volontari americani comprendevano la Croce Rossa, la Y.M.C.A., le volontarie canadesi “Winne-Bevans” e le “Ambulanze dei poeti americani”. Al fronte si trovavano anche volontari di altre nazioni europee, tutti ribattezzati come “quelli della cioccolata”.
Tappa 5 - Via Favorita - La lettera
La battaglia fu combattuta nell’afa dell’estate, tra una vegetazione lussureggiante, dopo giorni di pioggia che aveva riempito i fossi. Gli austro ungarici si consumarono nell’attacco. Gli italiani resistettero. Era di quei giorni il discorso di D’Annunzio pronunciato a Roncade: “Morire non basta… Bisogna vivere e combattere”. L’assalto, distribuito lungo tutto il fronte costò 150.000 uomini all’Esercito Imperiale e 90.000 al Regio Esercito. Durante i dieci giorni della battaglia, la sezione della Croce Rossa Americana di Roncade, rinforzata da quelle di Schio e Fanzolo, trasportò 10.440 feriti. Lo scontro fu durissimo, le trincee furono perse e riconquistate più volte. Alla fine il territorio era ricoperto dai resti della lotta. Per molti giorni gli italiani raccolsero materiali e seppellirono corpi. Le piogge prima della battaglia riempirono fossi e trincee. Il fiume si alzò di quasi un metro.
Tappa 6 - Le Roche - Il campo di battaglia
Il giornale di trincea “La Tradotta”, del 6 giugno 1918. Si riconosce il “Buso Burato” di Fossalta; il fiume che punta a elle verso il paese, le trincee, l’osservatorio-nido di mitragliatrici vicino all’acqua, bombe e bombarde in volo e una spiaggetta … Il maestro ranocchio è la caricatura del vecchio Toscanini, che sotto il bombardamento sul Monte Santo, diresse musica patriottica.
Tappa 7 - Dietro il buso Burato - La tradotta
Soldati messi a lato della strada, dentro un fosso. Le strade dovevano restare sgombre. In quei giorni c’era tempo per seppellire i caduti che restavano sparsi sull’enorme campo di battaglia. Il cimitero militare di Fossalta fu compreso in quello civile. In esso furono tumulate tutte le spoglie dei soldati trovati nel territorio comunale. Negli anni ’30 i soldati italiani furono portati nell’ossario di Fagarè, mentre per gli austro ungarici fu organizzato un ossario dove trovarono posto quasi 600 caduti.
Tappa 8 - Il cimitero - I morti
L’incrocio “Osteria” rappresentava Fossalta che fu persa e riconquistata più volte durante i giorni della battaglia. All’epoca si trattava di uno snodo viario fondamentale, poiché articolava tre grandi vie. La prima era quella che correva diritta lungo il canale Fossetta in direzione di Venezia, mentre attraverso lo stradone alberato che punta a nord, si poteva raggiungere Treviso. In piazza arrivava la strada dell’argine che congiungeva le terre bonificate a sud est della laguna. Sul trivio esisteva un capitello dedicato a Maria e Sant’Antonio che ospitava una statua del santo. Ricorda Don Albino Schileo: “Quel capitello intatto aveva fatto sì che tra i soldati di Fossalta, Sant’Antonio da Padova valesse assai di più del Padreterno: le sue medaglie e statuette andavano a ruba”
Tappa 9 - Caposaldo osteria - Il capitello
La piazza di Fossalta. Sullo sfondo della strada in terra battuta, i resti della chiesa. Il paese fu evacquato completamente la mattina del 21 novembre 1917 quando sul fiume si attestarono le fanterie italiane per contenere l’avanzata austro ungarica.
Tappa 10 - I giardini - Tre cadaveri
Fotografia della ricognizione aerea austro ungarica scattata il 10 marzo 1918 sulla zona dove vi trovate. Potete distinguere le scuole e il municipio ancora integri. Le trincee ricamano gli orti tra le case. Più in alto il cimitero. Ovunque, i crateri dei proiettili dell’artiglieria austro ungarica. I cannoni italiani batteranno questa zona solo durante la battaglia del solstizio. La bonifica bellica procede ancora oggi, per quanto si trova in profondità. Dei 3000 fossaltini evaquati, la metà trovò rifugio a Prato; gli altri si sparsero per l’Italia. Tornarono dopo la primavera del 1919 occupando provvisoriamente baracche di legno
Tappa 11 - La chiesa - L’immagine
Ernest Hemingway a Fossalta, davanti alle rovine della chiesa. Nell’osservarla tenete presente che i volontari di organizzazioni umanitarie non potevano essere armati e non avevano in dotazione divise degli eserciti combattenti. La foto che ritrae lo scrittore statunitense in divisa italiana, su di una bici da bersagliere, con fucile e tasca di bombe, è la prova che Ernest si permise delle libertà d’iniziativa. Per il carattere che aveva è probabile che a Fossalta abbia partecipato a piccole azioni militari, come peraltro fece anche in altre guerre.
Tappa 12 - Piazza Matteotti - La strada per l’argine
I resti della chiesa. Davanti, la vecchia e bassa torre campanaria e dietro il nuovo campanile, la cui costruzione fu interrotta dalla guerra. La comunità al rientro dovette fare i conti con i lutti e la miseria conseguente al blocco del cicli agricoli che erano alla base dell’economia locale.
Tappa 13 - Via ragazzi del ‘99 - Una brutta faccenda
Tra queste ultime case, della strada tra i due argini, Ernest lasciava la bicicletta ed entrava nelle prime linee. Dove ora c’è il battistero, c’era un osservatorio. Poco più in là, nell’argine, era scavato un ricovero.
Tappa 14 - Il Battistero - La prima linea
Dall’osservatorio sull’argine. L’ultimo inverno di guerra. Sotto l’argine la prima linea e tra questa e il fiume i “cavalli di Frisia” che reggono siepi di filo spinato. A monte, la curva del Buso Burato e in fondo, ancora integra, la “casa gialla” testimone degli incubi di Ernest.
Tappa 15 - Il buso Burato - La Grande Morte
“Ero un maledetto idiota quando andai a fare l’ultima guerra, pensavo solo, ricordo, che noi fossimo la squadra di casa e gli austro ungarici la squadra ospite.” Nella foto: i colleghi di Ernest della “squadra fuori casa”.
Tappa 16 - La spiaggia - L’esplosione
Foto aerea che rende con precisione la linea della trincea che correva lungo la riva del fiume e che davanti alla casa gialla, scavalcava l’argine. Sulla sommità dell’argine si notano delle postazioni per mitragliatrice e sul rovescio, la trincea semicircolare dove era il comando.
Tappa 17 - Il ritorno - Il reduce
Su questa riva Hemingway tornerà dopo la seconda guerra mondiale per chiudere i conti con la sua querra. In “Di la del fiume tra gli alberi” il vecchio soldato fa una pace separata che suggella con il famoso rito, prima di sputare nel fiume.
Tappa 18 - La casa gialla - Ferito
Un posto di raccolta feriti austro ungarico dietro l’argine. In un posto simile Ernest fu trasportato e aspettò che all’alba un’ambulanza lo portasse via.
Tappa 19 - Cantine De Stefani - Il Palombo - Case Gorghetto
Cadaveri che galleggiano nello scolo Palombo, il canale che qui scorre. I morti restarono tra le viti, dentro il grano o nei canali. Molti corpi galleggeranno, sulla terra allagata fra Sile e Piave. Dopo lo scontro gli eserciti ripresero le loro posizioni. Gli austro ungarici rimasero ad aspettare l’evolversi della rivoluzione sociale che stava disgregando il loro impero. Gli italiani continuarono a ricostruire le loro forze e preparare quell’attacco che in ottobre pose fine alla guerra.
